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Newborn screening

Ricevere una diagnosi di fenilchetonuria

I primi passi nel mondo della PKU

Durante la permanenza della neomamma in ospedale con il suo bambino, diversi test vengono effettuati sul neonato per accertarne lo stato di salute.

L’Italia è uno dei paesi più evoluti al mondo per quel che concerne lo screening neonatale, con cui vengono verificate circa 40 patologie metaboliche. Tra esse c’è la fenilchetonuria, o PKU.

L’identificazione della PKU avviene tradizionalmente attraverso il test di Guthrie: un piccolo campione di sangue viene prelevato dal tallone del bimbo ed inviato al laboratorio che lo analizza. Tecniche più moderne prevedono l’impiego della spettrometria di massa tandem.

In entrambi i casi, ad esito positivo segue un ulteriore dosaggio dei valori, più approfondito.

La conferma del risultato coincide con l’indirizzamento dei genitori e del piccolo presso il più vicino centro metabolico – l’Italia ne conta 19 – dove i professionisti medici, pediatri e dietisti, elaboreranno un piano terapeutico per il bimbo, che verrà via via modificato ed adattato per fare fronte alle esigenze di ogni fase della sua vita.

Importante ricordare che ad oggi lo standard più diffuso per il trattamento della fenilchetonuria comprende la terapia nutrizionale, basata sull’assunzione di miscele aminoacidiche, alimenti naturali e cibi speciali a basso contenuto proteico.

Seguire per tutta la vita il regime alimentare prescritto protegge dall’espressione della patologia e dalle sue gravi conseguenze.

Nonostante le rassicurazioni del personale medico, l’impatto psicologico con la realtà della PKU può essere difficile per i genitori, soprattutto se alla prima esperienza di accudimento.

Il primo consiglio è quello di trarre un bel respiro e considerare che, grazie alla tempestiva scoperta della patologia, il futuro del nuovo arrivato è salvo. Sono ancora troppi i paesi dove i neogenitori non possono intervenire e modificare per il meglio il destino del proprio bambino, così come le patologie per le quali non c’è nulla da fare. Per fortuna, per voi non è così.Cercare e parlare con genitori più esperti, che hanno già costruito la propria routine con la PKU, può essere un utile strumento per scacciare l’ansia. I contatti si possono ottenere tramite il centro metabolico, le associazioni pazienti o sui social media – in Italia e nel mondo sono sorti numerosi gruppi di supporto -. Insieme a loro si scoprirà come, seguendo le indicazioni terapeutiche, lo sviluppo del piccolo non subirà ritardi. Vi mostreranno loro stessi, orgogliosamente, il loro splendido bambino, la loro ragazza in età di scuola, o già lanciata nel mondo del lavoro.

Le relazioni con i genitori di bambini non PKU della stessa età dei vostri, vi renderanno chiaro come le paure - che vostro figlio non dorma, non mangi abbastanza o possa stare male-, sono esattamente le stesse. Come identiche saranno le fasi della vita, gioie e dolori: niente e nessuno vi salverà dall’adolescenza turbolenta del vostro pargoletto, che oggi dorme sereno nel suo lettino.

Il ruolo dei genitori è, anche nel caso della PKU, di fondamentale importanza per la crescita e l’equilibrio dei figli. Mantenere i nervi saldi anche nelle situazioni più complicate farà di voi un esempio a cui i vostri bambini attingeranno. Impareranno che la cura scrupolosa di sé stessi è lo strumento che hanno a disposizione per garantire la propria salute. E cresceranno sani e forti.

 

 

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